Kiev, Ucraina

All’interno di un rifugio antiatomico, l’uomo dal volto ricoperto di bende osserva il proprio riflesso sull’armatura di metallo di fronte a lui.

Il robot che indossa l’armatura del Dottor Destino lo guarda dall’alto verso il basso, senza alcuna luce negli occhi che ne segnali l’attività. Il cranio è stato aperto e numerosi cavi lo collegano ai server che occupano la maggior parte dello spazio della stanza.

L’uomo dal volto bendato non conosce il proprio nome. Sa di essere stato portato qui dal boss criminale Yury Nazarovych Domashev con il compito di riprogrammare questo robot.

Ma non è questo il compito che l’uomo si è dato. Sente che questo robot è la chiava per riscoprire il proprio passato... così come lo è l’adolescente americana che è appena stata spinta con forza dentro questo bunker.

-I tuoi amici avrebbero bisogno di imparare le buone maniere, Doc – si lamenta Layla Miller. Non è stata maltrattata, ma di certo avrebbero potuto trattarla con più cura.

-Non ho bisogno di amici. Soltanto di risposte.

-Allora sei nei guai, Doc, perché senza di me non riuscirai mai a tornare te stesso.

 

BREAKING DOOM

Parte 5 di 6

#17 – Bruciare il mondo

di Fabio Furlanetto

 

Doomstadt, Latveria

Nella sala da pranzo del Castello Destino, Maximus il Pazzo degli Inumani e Morgana Von Doom siedono ai lati opposti della tavola, serviti da camerieri robot.

Lui indossa un completo completamente nero, tranne una striscia bianca all’altezza del collo, che lo potrebbe far scambiare per un prete. Lei indossa la propria armatura, come sempre.

-Non ho potuto fare a meno di notare che stai tenendo la servitù lontana da me, Morgana.

-Non ti è stato concesso il privilegio di chiamarmi per nome, Maximus. Ti rivolgerai a me con il titolo che mi spetta di diritto: Principessa.

-Oh, le domando umilmente scusa, “Principessa” – risponde l’Inumano; nonostante le sue parole rispettose, il suo tono di voce è irriverente.

-Conosco i tuoi poteri mentali e la tua brama di potere, Maximus: non ti permetterò di controllare le menti dei miei sudditi o di nuocere a loro. Quello che ancora non capisco è perché sei qui.

-Non ti ho forse spiegato che l’Ordine Oscuro cerca un’alleanza, Principessa?

-So ciò che hai detto. Ma so ciò che sei: la menzogna e la manipolazione sono la tua natura.

-Sono impressionato, Principessa. Se non è osare troppo, quale sarebbe la vostra natura, invece?

-Sono una Von Doom. Superare ogni sfida è la mia natura, e governare il mio destino.

Il suono di un allarme irrompe nella sala da pranzo. Morgana fa un gesto per attivare uno schermo olografico; la sua luce si riflette sul suo volto, su cui si dipinge un’espressione arcigna.

-Qualche problema, Principessa?

-Sembra che oggi tu non sia l’unico interessato ad osservare la mia natura, Maximus.

 

Doomplatz, all’ombra del Castello Destino

Kristoff Von Doom non ha molti ricordi di quando era solamente Kristoff Vernard, comune cittadino di Latveria. I ricordi della sua infanzia sono annacquati da quelli di una vita che non ha mai vissuto, ma ricorda di aver giocato in questa piazza. Prima della morte di sua madre, prima del lavaggio del cervello, prima di Destino.

Sembra talmente immerso nella sua nostalgia da non accorgersi del fuoco incrociato di quattro robot di guardia, ma forse è perché il campo di forza che lo circonda gli consente di non impensierirsi.

Anche il Pensatore Pazzo è tranquillo, ma il suo caso è giustificato: questo è solamente un androide.

-Avremmo dovuto teleportarci direttamente all’interno del castello. Calcolo il 97,12% di probabilità che la Principessa Destino sia già a conoscenza del nostro arrivo.

A dimostrazione delle parole del Pensatore, la piazza e il cielo si riempiono rapidamente di squadriglia dopo squadriglia di robot d’assalto.

-Davvero. Suppongo che il margine d’errore sia del 2,88% allora – risponde Kristoff, che si aspetta di dover bloccare un altro assalto. Invece i robot si mettono sull’attenti e rompono la fila per lasciar passare tre figure: Morgana, seguita dal massiccio robot viola Custode e da una delle ultime persone che Kristoff si aspettava di incontrare... Maximus il Pazzo.

-Vedo che non ci annoia mai da queste parti – commenta l’Inumano.

-Kristoff Von Doom. Sei stato condannato per Alto Tradimento: in nome della clemenza di nostro padre, sono disposta a concederti una morte rapida – annuncia Morgana.

-Rinuncia al trono e torna al Castello Temporale, Morgana. Latveria ha già sofferto abbastanza, non trasciniamola in un’altra guerra.

-Guerra? Sei più incosciente di quanto credessi, Kristoff. Dov’è il tuo esercito?

-Dannazione. Hai vinto la scommessa, Pensatore – si lamenta Kristoff, mentre il suo alleato sorride bellamente. Entrambe le reazioni riempiono Morgana di rabbia.

-Che cosa c’è di divertente!?

-Avevo calcolato il 99,99% di probabilità che l’avresti detto – risponde il Pensatore, premendo un pulsante sulla cintura. La luce di un raggio di teletrasporto preannuncia l’arrivo delle sue forze: centinaia di androidi riempiono Doomplatz, in uno schieramento specchiato rispetto ai robot di Morgana. Quest’ultima stringe i denti, ed un casco di metallo ricopre automaticamente la sua testa.

-Che guerra sia, fratellastro. Per la gloria di Destino!!!

 

Kiev, Ucraina

L’uomo bendato lavora alacremente da ore, costantemente osservato da Layla Miller. Nonostante le bende, si intravede abbastanza del suo volto ustionato da trasmettere le sue perplessità.

-Immagino che non stia funzionando, Doc.

-Qualcuno ha cercato di modificare pesantemente la programmazione di questo robot – spiega l’uomo, fissando infinite linee di codice di programmazione che si susseguono sullo schermo.

-E non ti chiedi come fai a saperlo?

-Anche un idiota lo capirebbe, ragazzina: il programma principale è di un’armonia ingegnosa ed ammirevole, ma sono state inserite a forza istruzioni platealmente più primitive che il sistema si rifiuta di riconoscere.

-Non è quello che intendevo. Cosa pensi di trovare lì dentro, Doc?

L’uomo si volta verso l’adolescente. Il suo sguardo farebbe gelare il sangue ad un efferato assassino, ma Layla sembra a proprio agio in sua presenza.

-Me stesso. Yury ha detto che suo fratello aveva estratto dei dati da questa macchina che lo hanno condotto a Valeria... che fa parte del mio passato.

-Non sarebbe più semplice chiedere a Valeria di parlarti delle tue origini? O a me?

-Non voglio soltanto sapere. Voglio capire, e questo posso farlo solamente io. Non mi aspetto che tu possa accettarlo, ma questo luogo... mi ha chiamato a sé.

Layla riflette sulle parole dell’uomo. Sa che il suo corpo ospita l’anima del Dottor Destino, e sa che quest’ultimo ha mantenuto buona parte delle sue conoscenze fisiche con un qualche arcano rituale che ne ha corrotto la reincarnazione... ma anche se lei sa molte cose, non sa tutto.

-Non posso darti quello che cerchi, Doc. Ci siamo incontrati nella tua precedente vita, ma non ti ho mai veramente capito... però so che c’è sempre stata una sola persona in tutto il mondo, Doc, che abbia mai veramente compreso quello che sei.

L’uomo dal volto ricoperto di bende si alza in piedi dalla sua postazione e raggiunge il Doombot. Ne stacca placca facciale esterna, rivelando la presenza di cavi e circuiti invece di carne e sangue, e fissa a lungo la maschera. Qualcosa lo sta chiamando, lo sente.

-Portami Valeria – ordina alla ragazza.

 

National Air and Space Museum of the Smithsonian Institution

Washington, D.C.

E’ ancora troppo presto perché ci siano visitatori. Peccato per loro, perché si stanno perdendo uno spettacolo imprevisto: un uomo e una donna che appaiono dal nulla, materializzati da una piattaforma temporale rettangolare.

-Siamo tornati – annuncia Lancer, guardandosi attorno.

-Vedo. Immagino che non abbia funzionato – risponde Clay Quartermain, agente dello SHIELD.

-Di che stai parlando?

-Volevi portarci nel futuro, vero? A me non sembra sia passato poi così tanto da quando ce ne siamo andati.

-Vuoi dire che non ricordi niente!?

-Di cosa?

“Destino gli ha davvero cancellato la memoria” pensa Lancer “Non ricorda di aver incontrato Kristoff e Morgana 15 anni nel futuro”.

-Non importa. Secondo i miei sensori interni, abbiamo perso tre giorni... il che significa che Kristoff ha già invaso Latveria.

-Quindi questa è stata proprio una perdita di tempo, letteralmente?

-Forse no – risponde Lancer, controllando nelle proprie tasche: il piccolo cubo metallico che le ha consegnato il Dottor Destino del futuro è ancora lì, per fortuna.

-Adesso non venirmi a dire che sbagliare la destinazione del viaggio nel tempo faceva parte dei tuoi piani, perché c’è un limite alle stupidaggini che posso bermi.

-No, non esattamente. Ma non è stato inutile: ora possiamo cambiarlo.

-Cambiare cosa!?

-Il destino.

 

Doomstadt, Latveria

Qualsiasi altra città sarebbe già stata evacuata. Centinaia di robot stanno combattendo centinaia di androidi, due eserciti meccanici che si fronteggiano senza risparmiare colpi o preoccuparsi dei danni e delle potenziali vittime.

Ma questa è Latveria: fuggire è impensabile. La figlia di Destino si è presentata come loro salvatrice nel nome del padre, e non hanno alcun motivo per dubitare della sua parola.

Così come i due strani spettatori non hanno un vero motivo per combattere, e si limitano di conseguenza a salutarsi cordialmente mentre attorno a loro volano raggi laser e cannoni al plasma.

-Maximus.

-Pensatore.

-Grazie per non aver aggiunto “il Pazzo”.

-Potrei dire lo stesso. Considerala cortesia professionale.

-La tua presenza qui è un fattore di cui non avevo tenuto conto. Devo considerarti mio nemico?

-Non lo so ancora. Restiamo a vedere come si comporta la nuova generazione... per male che vadano le cose, sarà divertente.

Sotto i loro occhi, Morgana e Kristoff si scontrano. Le loro armature sono perfettamente speculari: stesso campo di forza, stesse armi, stessa tecnologia. I colpi rimbalzano sulle rispettive difese, ed inceneriscono tutto quello che incontrano sui propri percorsi impazziti.

-Sempre che non radano al suolo l’intera nazione.

-Mi deludi, Pensatore. Tu non vedi Morgana con gli stessi occhi con cui la vedo io.

-Sai che non ho interesse per questo genere di cose... ma anche se ne avessi, mi terrei ad anni-luce di distanza dalla figlia del Dottor Destino.

-Intendo che tu non avverti la sua mente come posso fare io. Così tanta rabbia ed odio... abbastanza da bruciare il mondo.

Il Pensatore Pazzo può aborrire la violenza, ma non può non vedere la differenza nello stile adottato da Morgana rispetto a quello di Kristoff. Lui è molto più simile a Destino: calmo, metodico, al di sopra dello scontro fisico. Morgana si getta con tutto quello che ha, supremamente convinta della propria vittoria; porta i sistemi offensivi al massimo anche quando non ce n’è motivo.

-Interessante, sì. Presi singolarmente, entrambi hanno il 50% di probabilità di vittoria, ma c’è una falla nella strategia di Morgana: lei sta usando i robot del padre, che Kristoff conosce bene. A fare la differenza sarà la scelta di alleati... e senza offesa, Maximus ma tu non stai facendo molto.

-Perché non ne ho bisogno. Riconosco che sei uno dei pochi a poter impiegare un esercito all’altezza dei robot di Destino, Pensatore, ma hai sottovalutato una pedina.

Maximus indica quello che è chiaramente un pilastro della strategia di Morgana: il robot viola Custode, che dopo aver sbaragliato dozzine di avversari è stato immediatamente preso d’assalto da tre Terribili Androidi che lo stanno attaccando con le proprie mani a forma di martelli.

-Livello “Avanzato” insufficiente. Richiesta autorizzazione attivazione livello superiore – dice Custode, proteggendosi la testa dai colpi dei Terribili Androidi.

Un colpo cinetico scaraventa Morgana contro la stupenda fontana al centro della piazza. La Principessa si rialza in piedi, il mantello verde completamente inzuppato.

-La mia clemenza ha un limite, Kristoff. Custode, autorizzazione concessa.

-Autorizzazione accettata. Caricare livello “Armageddon”.

Custode afferra uno dei Terribili Androidi per la testa, staccandola dal resto del corpo come se fosse di cartapesta. Il visore che forma l’unico occhio di Custode si illumina, rilasciando un raggio di energia rossa che vaporizza il Terribile Androide in un istante.

Il Pensatore Pazzo resta a bocca aperta: ha già visto la sua più tremenda creazione subire una sconfitta, ma poche volte così rapidamente. I due Terribili Androidi rimasti non sono però programmati per avere paura, perché caricano Custode senza preoccuparsi per la propria incolumità.

Forse avrebbero dovuto, visto che Custode disintegra anche loro con un raggio oculare, e a giudicare dal suo portamento la cosa non gli è costata molta fatica.

-Quello non è un androide – realizza Kristoff.

Morgana scoppia a ridere, disattivando il casco per esporre nuovamente alla luce del sole il proprio volto mentre si avvicina a Kristoff:

-Certo, credevi che nostro padre avrebbe affidato ad un semplice androide la sicurezza dell’erede al trono? Custode è un Senza-Mente della Dimensione Oscura di Dormammu... con qualche miglioramento cibernetico per renderlo ubbidiente come un cagnolino. Ma ora basta con la dovuta ammirazione verso il genio di nostro padre: Custode, uccidi questo traditore con ogni mezzo necessario... e senza alcuna pietà.

 

Kiev, Ucraina

Valeria è esausta. Layla e Victor l’hanno trascinata per mezza Europa, facendole rischiare la vita più di una volta, ed ora si ritrova prigioniera di malavitosi russi.

Si sono convinti che lei abbia conoscenze tecniche che possono rivelarsi utili a Yury... qualunque cosa capace di consegnare loro un Doombot da combattimento attivo vale una fortuna, e di conseguenza va trattato con il massimo rispetto. Ma sa che non reggerà molto, ed i suoi carcerieri non hanno nemmeno cercato di nascondere i propri sguardi lascivi.

Il suo cuore sobbalza quando vede il Doombot. E’ stato parzialmente smontato, esponendo i circuiti interni, ma è la stessa armatura che le ha rubato Victor tanti anni fa. E vederlo circondato da quella tecnologia avanzata, intento a ripetere gli errori del passato, la riempie di malinconia.

-E così il cerchio si chiude – sospira.

-C’è qualcosa che mi chiama in questi circuiti. Qualcosa che trascende anche la morte.

-Allora non hai bisogno di me. Mi hai già persa da troppo tempo, sono stata una stupida a pensare che le cose potessero cambiare – risponde Valeria, voltandosi per uscire dal bunker.

L’uomo dal volto bendato la raggiunge e l’afferra. Il fuoco nei suoi occhi è sempre lo stesso.

-Devo capire, donna. Devo capire che cosa sono.

-Credo che tu ci sia già arrivato. Non hai bisogno di sentirtelo dire da me.

-Non parlo della mia identità. Posso estrarre la conoscenza da quel robot, ma la comprensione... quella solo tu puoi darmela, Valeria. Aiutami a capire che cosa ero e cosa dovrei essere.

-Tanti anni fa... quando eravamo giovani... hai rinunciato al mio punto di vista. Hai deciso di dedicare tutto te stesso al potere.

-Il potere... – ripete l’uomo, voltandosi ed appoggiando una mano sull’armatura del robot.

-Era tutto per te. Ti aveva consumato – prosegue Valeria.

-Ma non è sempre stato così, vero?

-No. L’uomo di cui mi sono innamorata voleva usare il proprio potere per il bene degli altri... sentiva il peso della sua responsabilità. Ma quell’uomo è morto.

-Sono morto più di una volta – dice l’uomo, staccando sapientemente la mano del robot e rigirandola tra le proprie. Si avvicina ad uno dei muri del bunker, fissandolo: il suo sguardo sembra però perso nel vuoto e nel tempo.

-Posso sentire ancora una volta il mio destino che mi chiama. Quasi per miracolo, mi sono liberato del peso delle mie responsabilità... ho una chance di avere una vita normale.

-Allora perché non prenderla? – chiede Valeria, avvicinandosi al fantasma dell’uomo che amava.

-Perché qualcuno deve tenere testa al destino – risponde l’uomo, attivando un circuito all’interno del guanto del robot. Una scarica di energia parte delle sue dita: senza fare il benché minimo rumore

abbatte il muro, sollevando una nube di polvere che avvolge entrambi.

 

Layla Miller è sdraiata su di un letto, a fissare il soffitto. Il tempo sembra non passare mai tra queste mura, come è tipico di una prigionia. Ma avverte qualcosa, e non è solo la debolissima scossa che fa tremare il letto di pochi millimetri.

-E’ il momento. Guardia! Guardia!!! – urla, saltando giù dal letto. La porta della stanza si apre: uno dei russi entra, stringendo in mano una pistola e sentendosi al sicuro. Non si aspetta di ricevere un calcio in mezzo alle gambe, né che questa ragazzina afferri al volo la pistola che ha lasciato cadere e che la usi per colpirlo alla nuca.

Layla si mette in tasca la pistola e trascina all’interno il russo: se avesse scelto un momento diverso ci sarebbe stato qualcuno abbastanza vicino da sentire il frastuono della sua caduta e correre a controllare, ma Layla sapeva quando agire. Sa molte cose.

Così come, dopo aver chiuso la porta e preso in mano il cellulare del russo, sa benissimo quale numero comporre nonostante nessuno glielo abbia mai detto.

-Agente Quartermain? Mi chiamo Layla Miller. Lei non mi conosce, ma se vuole salvare il mondo le conviene stare a sentire quello che ho da dirle.

 

Doomstadt, Latveria

La battaglia ha già fatto diverse vittime artificiali e civili, e Kristoff inizia a temere seriamente di essere il prossimo. A differenza di suo padre sa riconoscere i propri errori e la propria superbia: si è affidato troppo agli androidi del Pensatore Pazzo ed alla propria conoscenza dei robot dell’esercito latveriano, ed ora ne pagherà il prezzo.

La sua armatura scaglia tutto quello che ha contro Custode: laser, elettricità, vibrazioni, anti-protoni, nulla scalfisce minimamente la pelle del Senza Mente cyborg. Il suo aspetto è diverso da quello dei suoi simili, ma non la sua determinazione: Custode si avvicina minaccioso, ed il suo unico occhio brilla di energia rossa prima di rilasciare la propria onda distruttiva.

L’energia si abbatte su un campo di energia invisibile, che si piega sotto la pressione e si ritrae fino al limite e fino ad essere vicino all’esaurimento. I Senza Mente non si possono stancare, ma non sono abituati a qualcosa che resiste al proprio assalto: dato che a differenza dei suoi simili Custode può pensare, si ferma a calcolare la prossima mossa.

Il campo di forza di Kristoff lampeggia ripetutamente prima di svanire; la sua armatura emette lampi e scintille, e persino una leggera nuvola di fumo nero fuoriesce dai guanti. Sa che il prossimo colpo di Custode lo disintegrerà; l’unico motivo per cui è ancora vivo è che Morgana si sta avvicinando, battendo le mani e ridendo.

-Uno scudo ad energia di punto zero, davvero ingegnoso. Nessuno è mai sopravvissuto alla potenza distruttiva di Custode utilizzando la scienza! La Principessa Destino è impressionata.

-Principessa. Il suo precedente ordine è annullato? – chiede Custode. E’ più intelligente di un Senza Mente, certo, ma ha pur sempre i suoi limiti.

-No, Custode, ti lascerò uccidere questo traditore tra poco. Ma Kristoff è pur sempre un Principe del Regno, e c’è qualcosa che deve vedere prima della propria morte.

Il casco di Morgana si apre, lasciando libero il suo volto su cui è stampato un crudele sorriso.

-Guarda il futuro, Kristoff. Questo è il volto della futura sovrana di tutta la Terra.

-Non male come primo piano, sorellastra. Ricordi qual è stato il mio, dopo aver ottenuto tutti i ricordi di mio padre?

-Hai spedito il Baxter Building nello spazio – risponde Morgana, che ha studiato attentamente la storia del proprio nemico ma che non capisce il motivo della domanda.

-Esatto. Con questo – risponde Kristoff, estraendo qualcosa e lanciandolo contro Custode: un minuscolo dispositivo metallico, abbastanza piccolo da poter essere tenuto in una mano.

Custode non prova neanche ad evitarlo: quando sei completamente invulnerabile, non c’è motivo per imparare a schivare i colpi.

Ma quando l’oggetto raggiunge Custode, non solo si aggancia magneticamente al suo corpo ma lo scaraventa verso lo spazio con una velocità tale da rompere la barriera del suono.

Morgana è talmente stupita dalla mossa e dal boom sonico da non reagire per tempo quando l’armatura di Kristoff manda una scossa attraverso la sua: il campo di forza di Morgana diventa brevemente visibile, prima di svanire ingloriosamente.

-Come osi!? – urla Morgana, gettandosi contro Kristoff. Le armature di entrambi garantiscono abbastanza forza da sollevare macigni, ed i due sono presto bloccati in uno stallo. I sistemi informatici si studiano ed attivano una contromisura dopo l’altra: sono troppo simili per poter trovare una debolezza nell’altro.

Nella foga dello scontro entrambi hanno la stessa idea e si attaccano a vicenda con raggi distruttivi provenienti dai propri guanti. Tutte e due le armature sono abbastanza resistenti da respingere l’energia, ma c’è una sola differenza: Kristoff indossa la propria maschera, e Morgana no.

La ragazza lancia un urlo di dolore lancinante. Kristoff la lascia andare all’istante, facendola cadere a terra. Il tempo sembra essersi fermato.

Kristoff sapeva di dover uccidere la sorella... ma vederla crollare a terra, urlando e tenendosi una mano sulla faccia, ha rimesso tutto in discussione. Credeva di aver sepolto ogni singola traccia di umanità e compassione, ma ora si sente il cuore spezzato.

-Che cosa hai fatto? Che cosa hai fatto!? – urla Morgana.

La sua voce riporta Kristoff alla realtà... ma come può essere? Una rapida occhiata ai sensori dell’armatura conferma la follia: non rileva alcun segno di vita nelle vicinanze. Si avvicina a Morgana per controllare cosa sia accaduto...e la ragazza si volta.

-La mia faccia... che cosa hai fatto alla mia faccia!?

Kristoff Von Doom ha esplorato il mondo in lungo e in largo, su molte linee temporali. Ma la vista del volto di Morgana gli gela il sangue, mentre osserva i tendini metallici che sanguinano olio e fluido di trasmissione.

 

Kiev, Ucraina

Valeria agita le braccia per allontanare la polvere sollevata dalla distruzione del muro. Victor sta spostando i pochi mattoni che ostruiscono ancora il passaggio.

-Come sapevi che c’era qualcosa qui dietro? – gli chiede.

-Era troppo piccolo per essere un vero rifugio antiatomico. E quando ho toccato l’armatura ho capito che non era quella a chiamarmi... ma ciò che celava dietro di sé.

Al di là del muro la stanza è male illuminata da una lampadina che pende disperata dal soffitto, sul punto di fulminarsi. Polvere e sporcizia si sono accumulati sul pavimento e l’aria è pesante.

C’è un solo oggetto nella stanza, in parte avvolto dall’ombra. Valeria inizialmente fatica a capire che cosa sia: ha una forma vagamente umana, ma ha più le dimensioni di un bambino che di un essere umano. Diversi fili fuoriescono da ciò che resta delle gambe e delle braccia, la simil-pelle è marcita e sbiadita, ed il cranio metallico è stato aperto in malo modo, come se qualcuno avesse usato uno scalpello per farsi strada con forza.

E’ il robot più triste e patetico che abbia mai visto, e nonostante sembri un rottame si è appena agitato come un cagnolino che scodinzola al ritorno del proprio padrone.

-Sapevo che saresti arrivato. Sapevo che non mi avresti delusa – dice il robot con un filo di voce; anche solo questo sforzo fa saltare qualche scintilla dal sintetizzatore vocale mezzo rotto.

Victor si inginocchia di fronte a questo piccolo essere patetico, toccandone il volto martoriato.

-Tu sai chi sono, non è così?

-Certo che lo so, papà. Non riconosci tua figlia? – chiede il robot.

 

CONTINUA !